La relazione tra il nuovo complesso architettonico ed il contesto viene adottato come vero e proprio principio generatore del progetto. Un’architettura che mossa dal desiderio di effettuare la minima pressione visiva sullo scenario circostante si rende poco visibile cercando un’osmosi con il luogo, simulandone l’appartenenza attraverso un artificio, la creazione di una piccola “collina” erosa dove restano impresse le tracce del laborioso processo di sottrazione, attraverso la chiarissima tensione dinamica della spaccatura centrale.
L’operazione compositiva consiste nel ricavare vuoti attivi - informali in grado di modellare la materia in un processo di sottrazione spaziale, un pieno e un vuoto in reciproca tensione, che danno vita all’intero organismo e ne definiscono l’uno l’estensione dell’altro. In tal senso l’atto di rendere ipogea l’architettura permette la formazione di piani in superficie disponibili a diventare giardini, una sorta di giardino peripatetico di aristotelica memoria.